TUTTI CONTRO UNO. LA RUSSIA PROVA A ROMPERE IL FRONTE NATO
Con un tempismo eccezionale Putin ha consegnato a Poroshenko il suo piano di pace in 7 punti per il Sud-Est dell’Ucraina. Lo avrebbe steso di proprio pugno durante un trasferimento in aereo e comunicato telefonicamente al Presidente ucraino, qualche giorno prima del vertice Nato in Galles. Una mossa azzeccata per attenuare le iniziative bellicose dell’Alleanza Atlantica o per fare in modo che il Gauleiter di Kiev lo discuta con le potenze occidentali. Infatti, la crisi in Ucraina ruberà certamente la scena agli altri dossier, Califfato incluso, al centro del dibattito di Newport. Ieri si è aperto il tavolo ristretto del G5 con Italia, Francia, Usa, Germania e Gran Bretagna. In questa occasione il premier italiano Renzi ha espresso la sua ferma condanna all’azione di Mosca che violerebbe il diritto internazionale sostenendo i separatisti del Donbass. Il giovane di belle speranze, sempre alla ricerca delle novità rivoluzionarie in patria, dimostra scarsa saggezza in politica estera dove l’atteggiamento conformistico prevale sulla spinta al cambiamento strategico. In una fase storica come quella in corso, pregna di rapide trasformazioni geopolitiche e di valide alternative allo statu quo, l’ex sindaco di Firenze mostra una natura poco coraggiosa. La linea del Governo italiano è schiacciata su quella americana e la nomina di Federica Mogherini a lady Pesc ha accentuato questa corrispondenza. Non è da meno la Francia di Hollande che ha sospeso la consegna delle navi da guerra Mistral al Cremlino, in violazione degli accordi commerciali. Un palese infrangimento delle regole contrattuali che espone Parigi a ritorsioni economiche e politiche e la scredita al cospetto di un partner determinante come quello russo. Soltanto la Germania è recalcitrante ad inasprire i suoi rapporti con Putin, e farà di tutto per impedire agli Usa di saldare il fronte dei falchi antirussi. Tutti i leader hanno però convenuto di avviare dei trattati bilaterali con l’Ucraina per fornire assistenza militare al paese. La Nato punta ad incrementare l’instabilità ai confini russi laddove occorrerebbe riconoscere a Mosca l’intangibilità della sua sfera d’influenza per salvaguardare la pace in Europa. Ma il vecchio continente per Washington è esclusivamente una pedina da giostrare per impedire ai suoi concorrenti euroasiatici ed asiatici di mettere in discussione la sua leadership mondiale.
La guerra, nel frattempo, non si è fermata in Ucraina, nonostante gli abboccamenti tra Putin e Poroshenko. Ieri, le milizie hanno attaccato l’importante città portuale di Mariupol per saldare il corridoio con la Crimea e dare alle regioni separatiste una decisiva continuità territoriale lungo la costa. I militari di Kiev stanno opponendo una opposizione debole ma indietreggiando verso ovest continuano a colpire i civili e le abitazioni, seminando panico e morte tra la popolazione. Quasi 1/3 della città sarebbe già sotto controllo dei miliziani. Anche a nord gli insorti segnano un avanzamento dirigendosi verso Slaviansk, località divenuta simbolo della strenua resistenza dei filorussi che la sacrificarono dopo duri combattimenti per rafforzare le difese di Donetsk e di Lugansk.
Qualora la proposta di Putin dovesse essere accolta da Kiev, anche con qualche piccola modifica, si determinerebbe una situazione di fatto molto simile agli scenari che, fino al 2008, si sono determinati in Ossezia e in Abkhazia, cioè prima che alla Georgia venisse in mente di attaccare i vicini. La secessione diventerebbe un aspetto compiuto anche senza il cappello ufficiale del diritto internazionale. Mosca si comporterebbe verso questa parte dell’Ucraina come se avesse a che fare con uno stato indipendente, fornendo tutela militare e sostegno economico. Formalmente, l’integrità territoriale dell’Ucraina sarebbe salva e Putin si garantirebbe la possibilità di influenzare anche le decisioni a Kiev. E’ avvenuto fino alla cacciata di Yanukovic e potrebbe accadere ancora. Come abbiamo scritto tante volte, anche perdere un piccolo pezzo del Paese sarebbe uno smacco per i russi e per i loro piani di ripristino egemonico ad est. La soluzione cantonale sarebbe, dunque, ottimale per un Cremlino che vuole preservare il proprio spazio vitale senza ritrovarsi gli americani a due passi da casa. Saranno gli eventi successivi a stabilire se l’opzione è quella migliore o se, più in là, si dovrà intraprendere una ulteriore azione di forza per consolidare lo spettro della propria “ascendenza” sull’Ucraina. Al momento, la prospettiva di una via “Svizzera” dell’ordinamento costituzionale ucraino impedisce agli Stati Uniti di accusare Mosca di voler ridisegnare le cartine geografiche annettendosi d’imperio fette di territorio fuori dalla sua sovranità. Inoltre, tale soluzione offrirebbe all’Europa l’opportunità di allentare la linea dura voluta dalla Casa Bianca e di ricucire con la Russia. Vedremo se gli eventi si incanaleranno su questa strada che, attualmente, sembra la più razionale.