UFFA CHE BARBA (di Giellegi 22 ott. ’10)

   E’ veramente faticoso seguire questa non politica italiana. D’altronde, dietro di essa si è completamente nascosta quella reale dei veri centri di potere collocati all’estero (nella UE, ma principalmente negli Usa), che hanno come riferimento in Italia le parti maggioritarie della finanza e della grande industria (i vertici dell’Abi e della Confindustria). Personalmente, ma credo di esprimere il sentimento anche degli altri redattori, vorrei criticare e non blandamente certe politiche di quella che risultò maggioranza alle ultime elezioni. La critica riguarda anche la politica estera (la meno peggiore), che è nella sostanza troppo sdraiata sugli Usa e “fa le fusa” pure ad Israele. In politica interna, sarebbe certo da criticare una serie di priorità, a partire dalla riforma della Giustizia, se quest’ultima si trovasse in uno stato di “normalità” (da società capitalistica, un tempo si sarebbe detto “borghese”). Sono nettamente contrario all’opposizione frapposta alla politica scolastica; non perché creda alla bontà delle riforme Gelmini, ma perché la devastazione è più antica, risalendo a Berlinguer (Luigi). Tuttavia, ritengo ci siano problemi – economico-finanziari, fiscali, ecc. – assolutamente più urgenti. Lascio da parte la politica verso l’industria “pubblica” perché di fatto è collegata strettamente alla politica estera.

   La più grave difficoltà che s’incontra nel discutere criticamente dell’attuale governo consiste nella presenza di quell’accozzaglia che viene chiamata sinistra. Ho deciso – data l’ormai evidente anomalia della non politica italiana, in cui le etichette di sinistra, di centro e di destra (Fini, ecc.) coprono l’identica posizione, che è semplicemente l’opposizione ad un uomo (non a una idea, ad un progetto, opponendo altre idee, altri progetti) – di indicare con PAB l’ammucchiata in questione. La sigla significa banalmente Partitume Anti Berlusconi, poiché questo è il solo programma di cui essa si fa portatrice “in positivo”; per il resto si limita a dire sempre no all’altro schieramento, un no chiaramente ad personam. Partitume in quanto non è affatto un’organizzazione partitica, ma qualcosa che assomiglia un po’ troppo ad ammassi di rifiuti, da cui l’assonanza con pattume. E’ certo una dicitura spregiativa; infatti non nascondo il disprezzo di fronte ai personaggi che via via si aggiungono al PAB.

   A fronte di quest’ultimo sta solo il PB, il partitume Berlusconi. Quindi inutile fare finta che in Italia non vi è il bipolarismo; coloro che recitano la parte di democratici, perché chiedono il ritorno al proporzionale, sono soltanto ed esclusivamente membri del PAB. In effetti, questo caotico conglomerato ha speranza di prevalere sul PB soltanto se ogni suo componente si presenta in apparente autonomia (e ponendo una percentuale di sbarramento molto bassa). Esiste quindi un effettivo bipolarismo in questo paese; non lo è tuttavia in senso politico, ma solo come scatenamento dell’odio contro una persona, da una parte, e difesa ad oltranza della stessa, dall’altra parte. Una difesa ad oltranza che però, dato il cialtronismo che è pure carattere del PB, dura fino a quando i capetti dei suoi vari spezzoni (chiamati pomposamente fondazioni, associazioni, ecc.) nutrono qualche speranza di prevalere per prepararsi la successione al “grande capo”; appena la perdono, se ne vanno nel PAB.

   Come vedete, ho voluto anch’io, per un momento, far finta di credere al palcoscenico dove recitano i fantocci del PAB e del PB. In realtà, l’assenza della politica nel bipolarismo PAB-PB, il funzionare di questo bipolarismo su base assolutamente personale, è lo sbocco di alcuni processi verificatisi negli ultimi decenni, che hanno preparato una simile oscenità. Il primo virus del corrompimento (di un certo particolare corrompimento) fu introdotto dal Pci a partire dal 1972 con la segreteria Berlinguer (qualcuno dovrebbe fare una ricostruzione storica di ciò che ne è seguito). Da lì s’innescò il tormentone della questione morale e della superiorità del Partito su questo tema. E’ ovvio che non fu introdotto il moralismo già prevedendo che cosa sarebbe poi accaduto. Comunque il Pci, una volta rinnegato il proprio passato, fu pronto a fornire il sicariato a Usa e Confindustria quando, “crollato il muro”, capitò l’occasione di far fuori Dc-Psi, e con essi l’industria “pubblica”, tramite “mani pulite” e tutte le varie vicende da noi più volte trattate.

   Una volta messosi di traverso Berlusconi, il bipolarismo trovò terreno fertile per svilupparsi e divenire il PAB-PB a causa del disgustoso e ipocrita moralismo dei piciisti, ormai anche rinnegati e venduti a tutto tondo. Il moralismo aprì la strada al giustizialismo e all’azione di una magistratura del tutto preparata all’uopo, ormai incredibile nel suo doppiopesismo, per cui lascia di fatto impuniti o comunque in sottotono tutti gli scandali del PAB (ricordo solo la Banca 121 del Salento, la sanità pugliese, una serie di questioni riguardanti De Benedetti e gli Agnelli, e infinite altre cose, uscite qua e là sui giornali in varie occasioni, ma senza mai insistere), mentre s’insegue Berlusconi e il suo “circolo” in tutti i modi, senza mai “mollare l’osso”. Naturalmente, non m’interessa per nulla colpevolizzare questo o quello, assolvere questo o quell’altro. Dico solo che alla lotta per il puro e semplice governo, condotta da parte di chi non ha alcun progetto e idea politici, serve mirabilmente il clima moralistico e giudiziario.

   D’altra parte, il fatto che il moralismo è stato inoculato dal Pci, e che la magistratura è servita a liquidare Dc e Psi e a proseguire la lotta politica mascherandola da Giustizia, è perfettamente funzionale al PB che può accusare di avere contro i “rossi”, mentre in realtà non esiste più il comunismo se non in piccoli residui ormai corrotti e marci. Il PB evita in questo modo di prendere di petto la questione centrale relativa a chi sta dietro al PAB. Oggi, di fronte all’evidente ultimo assalto all’arma bianca contro Berlusconi, il PB è costretto ogni tanto a sparare bordate contro la Confindustria (possibilmente, anzi, sotto la denominazione di “poteri forti” per essere più generici), mentre è fin troppo morbido con la finanza (anch’essa “rossa”, secondo gli schemi di pensiero di questo partitume), assai legata a quel “padrone” che non si vuol nemmeno nominare, il “padrone” cui si vuol invece trasmettere il messaggio che gli si sarà sempre fedeli, anche quando lui ti scudiscia e tenta di farti fuori. Sto evidentemente parlando degli Usa (e, come conseguenza, dello scherano di questi ultimi, Israele), a cui ci si accoda in imprese guerresche, mettendo a soqquadro possibili, importanti, alleanze con paesi arabi e soprattutto con Iran e Turchia, che ci darebbero tutto un altro peso internazionale.

   Sappiamo che la finanza italiana è strettamente connessa a quella americana anche (non solo) perché ha al suo centro (Banca d&
rsquo;Italia) un uomo che fu della Goldman Sachs. Ecco perché la finanza “rossa” non viene in definitiva troppo attaccata; oggi nemmeno da un Tremonti, che pure ha fatto in passato un po’ di scena contro di essa per i suoi “derivati” e simili (ma ben altro è il ruolo dell’apparato finanziario nelle strategie “imperiali”, e questo un Tremonti l’ha messo da parte). Del resto, pure la Confindustria viene attaccata un po’ di più oggi, forse perché la Fiat – molto legatasi al carro americano per via di avvenimenti di cui abbiamo spesso parlato – ha rapporti più laschi con l’associazione degli industriali rispetto a qualche tempo fa. Lasciamo comunque perdere adesso supposizioni, che vi sarà forse modo di appurare in futuro; i fatti sono comunque quelli appena ricordati.

   Un altro vantaggio ha però il moralismo e giustizialismo sostituiti al ragionamento e lotta effettivamente politici. Serve per la massa elettorale del PAB. In un paese allo sbando come il nostro, dove da quasi vent’anni si affrontano bande incapaci di risolvere bellamente a loro favore lo scontro, il paese – che già si era riempito di clientele e gruppi sociali, imprenditoriali, ecc. sussidiati, con il ben noto aumento della spesa e debito pubblici – ha di fatto peggiorato la propria situazione. Per far fronte a spesa e debito si fanno solo tagli un po’ da tutte le parti, ma senza che vi sia la capacità di prendere decisamente una via di sviluppo autonomo (da Usa e UE) tale da portarci, come già ricordato, a nuove alleanze; attuate non più in sordina, per non scontentare certi alleati-padroni, bensì con decisione. Si dovrebbe però puntare senza più riserve su ben altri settori portanti (strategici), che accrescono la nostra area d’influenza, avviando nel contempo la formazione di un blocco sociale, o comunque di una solida base sociale di potere, per non dovere continuamente contorcersi tra esigenze diverse e contrastanti.

   Lasciando andare tutto alla carlona così come invece si è fatto, abbiamo un variegato miscuglio di gruppi e gruppetti, a volte quasi feudi di certi potentati, che spesso si disfano per poi ricostituirsi diversamente; insomma una sorta di pullulare di amebe proteiformi. Ci sono gruppi di lavoratori salariati che si trovano certo in difficoltà per tutta una serie di “ristrutturazioni” (del tipo di quelle della Fiat); essi, giustamente, protestano, ma con sempre maggiore difficoltà (il che incattivisce i più coriacei), lottano per semplice difesa e sopravvivenza di prospettive di lavoro. C’è un esercito enorme di impiego pubblico e parapubblico che d’altronde non saprebbe come vivere cambiando lavoro (facile dire che bisogna inventarselo). C’è un fottio di gente che vive di attività di difficile classificazione, in genere attingendo pur sempre ai mille rivoli di una spesa pubblica che si taglia, ma conosce egualmente forti sprechi e favoritismi clientelari. Ci sono grandi imprese che hanno approfittato comunque largamente di sussidi (sempre in primo piano la Fiat, pur se magari ultimamente ha attinto da “altre fonti” non italiane). Ecc, ecc.

   Tutto questo, sia chiaro, riguarda anche il PB (basta vedere i mugugni contro i tagli di Tremonti; non sto esprimendo nessun giudizio su questi ultimi, rilevo solo alcuni fatti). Credo però che sia soprattutto il PAB (non a caso meglio impiantato al centro e sud, mentre è allo sbando al nord) a voler alimentare certi settori sociali con una spesa ormai improduttiva; nel senso banale del termine, non in quello specifico di Marx. Diciamo pure che sono tendenzialmente lavori inutili. Un tempo si giustificavano “keynesianamente”, sostenendo che in un paese opulento la variabile principale, quella che traina lo sviluppo, è la domanda: più ancora quella di consumo che quella di investimento. L’opulenza è un concetto del tutto relativo. Si diventa opulenti quando si realizzano ottimi ritmi di crescita che riguardano la stragrande maggioranza della popolazione, sia pure in misura diversa per i vari strati sociali. Questo è stato reso possibile nel mondo bipolare, con uno dei due poli che si era ingrippato, mentre l’altro (Usa) era divenuto il centro regolatore del proprio campo (capitalistico “occidentale”).

   Quando ci si approssima alla situazione multipolare o policentrica, l’opulenza può svanire se la si affida ancora alla domanda e soprattutto al consumo. Bisogna partecipare alla lotta internazionale e occorrono quindi risorse per condurla con modalità sempre più complicate e ruvide. Occorre affilare la “punta rompighiaccio” (le imprese precisamente di punta), occorre convogliare risorse non verso scontri bellici in posizione di ascari degli Usa, ma per studiare comunque mosse politiche di alleanza o scontro a seconda delle necessità relative ai rapporti con paesi e aree cruciali per la nostra economia e la nostra influenza politica nel mondo. Occorre arrivare al consolidamento del tessuto nazionale per impedire di essere disaggregati e suddivisi, come oggi, in tante bande che scorazzano e devastano la nostra società.

   Il PAB è la fonte principale di questa disgregazione e di questa sudditanza rispetto allo “straniero”; comunque sempre entro la ristretta prospettiva che è quella del vecchio campo capitalistico “occidentale”. Ciò accade proprio in una fase storica in cui gli Usa non sono più il nostro centro regolatore; semmai vogliono usarci come banale pedina contro altri poli in crescita. Il PAB non può quindi non essere l’obiettivo principale di un’azione di “bonifica” sociale. Il PB dimostra però di non essere il bonificatore. Berlusconi ha approfittato dell’appoggio fornitogli da quei settori di resistenza all’annientamento completo tentato da Usa e Confindustria (grandi imprese “private”) mediante “mani pulite” e azioni successive. Non è però in grado di compiere l’alta opera di chirurgia che sarebbe necessaria. Non so se ci sia, e dove sia, il “Grande Chirurgo”. Mi limito a segnalare il problema. Il PAB non può essere recuperato, va asportato appunto chirurgicamente. Il PB va sciolto e si deve effettuare una diversa ricostituzione di altro partito.

   Lo ripeto, è una semplice segnalazione, la constatazione di un fatto, non l’individuazione di un “soggetto” risolutore, che al momento o non esiste o è molto nascosto, tanto nascosto che rischia di autoseppellirsi. Se per caso esiste, batta un colpo: quello più urgente, intanto, contro il PAB, il nostro cancro mortale.