Un governo di larghe intese per seppellire l’Italia di G.P.

L’esecutivo Berlusconi è al capolinea. La maggioranza che lo sostiene si sta sfaldando a causa dei colpi bassi degli esponenti finiani e dello stesso Presidente della Camera. Quest’ultimo è deciso a mettere la parola fine sulla carriera dell’uomo di Arcore, percepito come un pericolo per le sue ambizioni politiche.
Ciò che potrebbe profilarsi nei prossimi mesi è però qualcosa che va ben oltre il golpe interno ad un soggetto partitico e ad una compagine di governo, poiché gli intenti e gli sforzi di quanti sostengono Fini, dentro e fuori la penisola, sono indirizzati al colpo di mano istituzionale col quale chiudere definitivamente la stagione ventennale dell’anomalia berlusconiana in Italia. A questo servono le larghe intese e i pateracchi che già si proiettano alle spalle del Cavaliere. C’è qualcuno che, accelerando il caos sociale ed economico, spera di creare le condizioni più propizie per riportare l’Italia entro binari di maggiore “ragionevolezza atlantica”, ponendo così  termine ai troppi disallineamenti, soprattutto in materia di scelte internazionali, tracciati da Berlusconi. Mettere fuori gioco il Presidente del Consiglio è il primo atto per ridimensionare il nostro Paese, finora ritenuto inaffidabile, e ricondurlo entro i diktat del centro regolatore americano, la cui leadership indiscussa ha, tuttavia, subito un duro colpo con il ritorno sulla scena mondiale di potenze emergenti e riemergenti. Ma tutto ciò si ripercuoterà sulla stabilità delle nostre istituzioni e sulla loro autonomia decisionale. La crisi della coalizione governativa si trasferisce, dunque, direttamente nel cuore dello Stato dove si annidano, da Tangentopoli in poi, forze oscure e mai battute, che intendono piegare la volontà dell’Italia ad una ferrea condotta occidentale, più volte messa in discussione dalla politica di amicizia di Berlusconi con rappresentanti di primo piano di paesi come Russia, Libia, Algeria, Iran ecc. ecc. invisi agli Usa. Anche esponenti del centro-sinistra, sul nascere dello strano disfattismo finiano, portarono in evidenza le liaisons dangereuses tral’ex missino e non meglio precisati ambienti d’oltreoceano: “…sia chiaro che io non tifo per Berlusconi. Sono all’opposizione, ma non sopporto quando si calpestano le regole. Tu non puoi fare il presidente della Camera, il capo corrente all’opposizione, però ti tieni i ministri. Non si fa così. Non è mai accaduto…Probabilmente Fini è stato scelto come cavallo non dico dagli Stati Uniti, ma da ambienti americani che hanno interesse a spezzare una politica estera che Berlusconi ha condotto con eccessiva leggerezza, come nel continuo civettare con Putin. Fini rappresenta per loro quel che rappresentarono nel passato Spadolini o Giorgio La Malfa” (Bobo Craxi). Per ottenere ciò si sono dunque uniti drappelli stranieri, “borghesia” industriale e finanziaria nostrana, uomini politici di centro, di sinistra e anche di destra. E tra quest’ultimi gli ex aennini fungono da centrale operativa per la messa a punto di manovre di accerchiamento contro il Premier.  Il nefasto disegno di Mani Pulite, pertanto, continua ad essere il fil rouge che congiunge l’ultimo scorcio della Prima e tutta gli anni della Seconda Repubblica. Quel che fu conseguito solo parzialmente nel ’92-93, per via giudiziaria, viene ora riproposto attraverso manovre più articolate e subdole. In quel periodo, l’ondata giustizialista e moralistica riuscì a travolgere un intero gruppo dirigente (DC-PSI) ma il traguardo della consegna del potere nella mani degli ex comunisti (ripulitisi velocemente del proprio passato per prendere ordini da Washington dopo una lunga sudditanza nei confronti di Mosca) non fu raggiunto per un’astuzia della Storia: l’entrata in politica di Berlusconi che catalizzò i voti dei ceti moderati mandando a carte quarantotto i truci piani degli apparati statunitensi e dei loro referenti italiani. Lo dice chiaramente Pomicino, uno tra i protagonisti di quella fase: “Nel biennio '92-'93, Tangentopoli fu organizzata da un gruppo di persone della borghesia azionista, penso all'editore di Espresso-Repubblica, e del Pci con l'aiuto di una manina americana dei servizi. Il loro disegno fu assecondato dalla piazza e dall'opinione pubblica. Solo che sbagliarono la previsione finale: le elezioni furono vinte da Berlusconi invece che dalla sinistra di Occhetto”. Tuttavia, adesso l’ex Ministro del Bilancio democristiano nega il coinvolgimento di maneggiatori esterni nella tempesta in corso, dimenticando la serqua di provocazioni, di minacce ed, infine, anche di aggressioni personali nei confronti del Presidente del Consiglio che da sempre costituiscono gli ingredienti tipici di intrighi innescati dai Servizi, americani e non solo.
Oggi si vuole battere un percorso similare, mutato nelle forme ma non nella sostanza, e questa crisi di governo, dove i fattori esogeni pesano di più di quelli endogeni è solo il primo passo per privare l’Italia del suo futuro. Lo sa bene Gianfranco Fini che nell’ultimo anno ha fatto la spola tra Roma e Washigton proprio per accreditarsi come uomo della svolta. Il governo di larghe intese, che potrebbe presto insediarsi, porterà con sè  l'epitaffio dell'indipendenza nazionale. Sempre che "qualcuno", dotato di forza e di volontà sufficienti, non riesca a sbarrare la via a tali mestatori nel torbido.