Un omicidio è delinquenza, un milione è eroismo

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Giornalisti, politici, sindacalisti, esperti tuttologi in nulla abbellito con niente ed altre teste vuote assortite che affollano, generalmente, i media politicamente corretti hanno condannato all’unanimità la protesta violenta dei tassisti esasperati dalla concorrenza di Uber et similia. Né pugni in faccia né braccia tese, dicono sdegnati lor signori abituati ai modi falsi e cortesi dei salotti buoni dove s’incontrano per tramare sulle nostre teste. Li condanno anche io “tassinari”. I tirapugni ed i saluti romani sono demodé, come il servizio taxi. Non siamo più ai tempi “de Marco Caco”. Con questa gentaglia che non ha cuore per gli italiani in difficoltà bisogna essere più risoluti. Occorre passare dalle cazzottiere ad altri strumenti più efficaci e meno rudimentali. E basta pure con i rimpianti per un regime flaccido come quello fascista che ricorreva all’olio di ricino e ai manganelli per zittire disfattisti e guastafeste con risultati non sempre soddisfacenti. Ormai ci vuole ben altro per mettere in riga questa nazione che sta sprofondando nell’abisso della degenerazione politica, economica sociale e culturale. Provo simpatia per i tassisti perché il loro mestiere è in estinzione, rende sempre meno mentre la fatica e la frustrazione, purtroppo, raddoppiano. Hanno tutto il diritto di lamentarsi contro un governo che spilla soldi per licenze e tasse, nonostante i profitti calanti, non mostrando un minimo di compassione per la loro condizione lavorativa. Se avessi vissuto nel ‘800 avrei avuto la stessa empatia per i poveri luddisti, storicamente perdenti, proprio come i tassisti, costretti a distruggere i telai per non essere buttati fuori dagli opifici sempre più meccanizzati. Rabbia inutile ma comprensibile. Ma che volete da questa gente, che si suicidi col sorriso sulle labbra e senza rompere i coglioni? Con la violenza non si ottiene nulla, affermano i finti buonisti di cui sopra, proprio loro che approvano le bombe intelligenti americane ed occidentali lanciate contro gli Stati recalcitranti all’ordine globalizzato, senza versare mai una lacrima per i disperati che le beccano su crani. Ha ragione Paragone che su Libero scrive: “…la rabbia di chi non si rassegna a farsi asciugare il proprio stipendio sarà sempre maggiore. Fatevene una ragione. Se uno tenta di strangolarmi, io mi ribello. E divento violento. O contro gli altri o contro me stesso. Se lo divento contro gli altri, ottengo ascolto. Se invece lo divento contro me stesso,ottengo due minuti di compassione se va bene. E poi basta. Giù la maschera: il nostro ipocrita perbenismo vorrebbe che la violenza si materializzasse solo verso se stessi. Meglio i suicidi,delle manifestazioni dure, dei blocchi stradali, delle urla. La violenza dei tassisti e degli ambulanti disturba perché è caos collettivo. Il suicidio è silenzioso. Il suicidio lo rimuovi alla svelta, le macerie restano nell’animo dei familiari. Il suicidio è della stessa invisibilità cui stiamo spingendo il lavoro, i salari, i diritti”.

Probabilmente, il mestiere di tassista soccomberà per le innovazioni introdotte dalle nuove forme di mobilità nel trasporto di persone, forse qualche stoico riuscirà a resistere negli anfratti delle mutazioni logistiche dei percorsi cittadini ma il cambiamento non si può arrestare. Questo non vuol dire che si debba sputare in faccia a chi ci sta rimettendo tempo, denari e identità opponendo una sterile resistenza alla vita che trasmuta. Quei lavoratori devono essere necessariamente risarciti, ricollocati, accompagnati alla pensione ecc. ecc. Non li si può abbandonare come ormai si usa in questi nostri giorni sventurati. I fondi dello Stato non devono servire solo a salvare le banche legate ai partiti, salvo poi accusare gli italiani di aver vissuto a lungo a spese di pantalone. Tutto falso. Se la Penisola ha qualche problema di conti pubblici è perché i suoi gruppi dirigenti hanno arraffato dalle casse pubbliche distribuendo briciole al resto della popolazione. Sono loro che hanno sperperato e svenduto il patrimonio collettivo, non gli italiani. Sono state le combriccole (dominanti nel Belpaese ma servili verso l’estero) dei partiti, dei sindacati, dell’alta finanza speculatrice e delle industrie decotte ad aver rovinato la nazione portandola sull’orlo della bancarotta.

E’ vero, ostacolare il mutamento non si può, salvare chi è rimasto indietro è, invece, un obbligo di governanti responsabili e seri. Quelli che noi non abbiamo. Non sono sicuro che, come scrive Porro sul suo blog, la new economy stia “distruggendo l’economia tradizionale con la medesima forza con cui la rivoluzione industriale ha spazzato via la civiltà agricola”, tuttavia è innegabile che l’Italia sia sempre attardata rispetto alle trasformazioni in corso. I “progressi” dell’epoca sono gestiti malamente e con una mentalità micragnosa da parte dei gruppi decisori (meglio sarebbe dire oligarchie etnocratiche guidate da manine straniere), politici ed economici, che scaricano i costi dei loro ritardi e imbrogli sui ceti subalterni.

Per questo la presunta violenza dei tassisti non mi scandalizza ed, anzi, la comprendo. Nemmeno però mi soddisfa questa escandescenza estemporanea perché non è adeguata a spazzare via la marmaglia che sta devastando il Paese. Ci vuole ben altra organizzazione e visione politica per sbarazzarsi di certi lestofanti attaccati alla cadrega e al nostro sangue. Come recitava Chaplin nel bellissimo film di Monsieur Verdoux, scritto insieme a Orson Welles, “il delitto [e anche la violenza] al dettaglio non rende abbastanza, per avere successo in qualsiasi cosa bisogna essere organizzati…un omicidio è delinquenza, un milione è eroismo, il numero legalizza”. Chi ci massacra ogni giorno conosce questa morale alla perfezione. Impariamola finalmente anche noi.