UNA NECESSARIA REVISIONE: NULLA PIU' CHE QUESTO di Giellegi

Da quando scrivo su questo blog, ho sempre sostenuto che gli Usa avrebbero dovuto rivedere la loro strategia; o tattica, a seconda di come si considerano le misure di correzione di rotta obbligate. Chiunque non fosse cieco, si è accorto che alcune modifiche stavano avvenendo già con Bush, pur se quest’ultimo non poteva invertire ad U una politica aggressiva tutta basata sulla scusa della “lotta al terrorismo”, con colossali invenzioni del tipo di quella – ormai smascherata da lunga pezza – della presenza di armi di distruzione di massa in Irak, motivo “ufficiale” (e bugiardo) dell’aggressione a quel paese. 

Sono certo che anche l’ultima mossa israeliana non aveva gli intenti dichiarati; intanto, sappiamo dal giornale israeliano Haaretz che l’aggressione ai palestinesi di Gaza era stata preparata da almeno sei mesi. Figuriamoci se non ne erano al corrente sia l’amministrazione statunitense uscente che quella entrante; e si può essere sicuri che erano stati decisi in anticipo la sospensione dell’aggressione e il ritiro delle truppe israeliane prima dell’insediamento di Obama. Importante è stato dimostrare che si può compiere sostanzialmente indisturbati i peggiori crimini, in particolare con la piena complicità del 90 e più % delle forze politiche europee, ottuse e meschine nella loro politica ciecamente filoamericana, e dunque del tutto sensibili all’influenza israelitica (gli ex, del tipo dei “fascisti fino ad ieri”, si sono come al solito dimostrati i  più “realisti del Re” e quindi i più disgustosi). Ripeto per coloro che preferiscono fraintendere ciò che si dice: l’influenza ebraica sulle forze reazionarie europee è il semplice riflesso del becero servilismo di queste ultime di fronte alla supremazia statunitense.

I padroni sono sempre meno stupidi e a volte provocano perciò meno nausea. E’ dal 2003 circa che i centri decisionali strategici americani più accorti hanno preso atto – secondo quanto posso capire – della necessità di abbandonare, per un lungo periodo di tempo, il disegno imperiale (e credo che ben difficilmente potrà essere ripreso). Gli Usa devono accettare il multipolarismo; sapendo però bene – ed è meglio che lo sappiamo anche noi – di restare comunque il polo ancora di gran lunga più forte, più potente; e non solo militarmente, se ne tenga conto! Scommetto qualsiasi cosa che, anche dalla presente crisi, tale paese uscirà in condizioni relativamente migliori; cioè meno peggiori di altri paesi. Credo che l’unico paese a resistere sulle posizioni relative finora (ri)conquistate sarà la Russia. Su Cina e India, scommetterei un po’ meno; e ancor meno su certi paesi sudamericani.

Naturalmente, nessuno dei paesi appena citati farà la (brutta) fine del Giappone negli anni novanta. Credo tuttavia che, ad esempio, non ci si renda conto come la “grande penetrazione” cinese in Africa – tanto per dirne una – abbia subito una discreta battuta d’arresto (proprio da parte degli Usa); alla Cina resta soprattutto l’influenza sui peggiori regimi africani: non “dittatoriali” – come dicono i falsi democratici occidentali – ma politicamente più rozzi, sanguinari, e tutto sommato con “basi d’argilla”. Il fatto è che noi siamo preda del più superficiale economicismo. Se la Cina si sviluppa al 10% annuo (adesso scenderà verso l’8), i nostri occhi roteano come nei cartoni animati. Se la Cina ha grandi risorse finanziarie, se si sostiene con grande banalità che gli americani consumano più di quanto producono grazie ai cospicui risparmi dei cinesi, se banche cinesi acquistano – a loro gravissimo rischio e pericolo – quote importanti di banche americane, e via dicendo, subito si grida al fatto che i cinesi hanno in mano il destino degli Usa. Pure e semplici sciocchezze! Vedrete presto chi ha in mano il destino di chi! In questo momento, è tutto sommato meglio messa la Russia – tra i paesi emergenti – pur con ritmi di sviluppo economico più contenuti e con il prezzo di gas e petrolio fortemente calati.

Altro esempio. I nostri scatenati liberisti hanno alzato alti lai perché gli aiuti che Obama sta dando al settore automobilistico si configurano come misura protezionistica, quindi dannosa per la nostra omologa industria europea; e allora, ecco i “coerenti” liberisti chiedere l’intervento dello Stato anche qui da noi. Poi però, apparentemente, la Fiat compra la Chrysler (il 35% aumentabile anche al 55). Eppure, Obama darà gli aiuti a questa casa automobilistica, quindi alla Fiat. E il protezionismo? Almeno Sarkozy ha con decisione dichiarato che darà aiuti solo alle imprese rimaste chiaramente francesi. Obama non sembra seguire queste linee direttrici. E allora? Non è più protezionista? E tuttavia, nemmeno è liberista poiché non lascia che la “mano invisibile” faccia il “bene della collettività”, spingendo al fallimento case automobilistiche incapaci di stare sul mercato (pagando inoltre stipendi spropositati ai propri manager!).

Solo l’inutile formalista si pone questo problema. Evidentemente, la Fiat può prendersi tutta la proprietà giuridica (formale appunto) che vuole; ma politicamente dipenderà dalle strategie degli Usa. Invece di vedere New York, Chicago, Los Angeles, ecc. sommerse da fiumi di cinquecento – e quindi, secondo l’ottica deformante dell’economi(ci)sta, la collettività americana inginocchiata di fronte alle scelte produttive e di smercio dell’industria decotta italiana – noi vedremo quella che è la peggiore e più parassitaria delle componenti della nostra GFeID al servizio (politico, non economico) delle nuove manovre dell’attuale amministrazione statunitense; una spina (non fra le maggiori, per carità) nel fianco dell’Europa.

La si smetta quindi – parlo soprattutto dei sedicenti “compagni”, che mi sembrano ridicoli e ormai fuori di testa – di inneggiare a Obama, di gridargli: “viva viva il prode Anselmo, fece la pace e depose l’elmo”. E’ costretto a deporlo, per mantenere la forza dell’attuale più potente polo del mondo multipolare. Gli Stati Uniti devono compiere molte mosse assai diverse da quelle del passato, se intendono riconquistare – con varie attività differenziate, in cui non mancherà nemmeno il bastone, se proprio indispensabile – una maggiore capacità di movimento e di “sorpresa” di fronte agli avversari. E questi ultimi, essendo a loro volta centri decisionali strategici, se non sono rigidi e ossificati dovranno adeguarsi, “abbozzà”, “fare i furbi” anch’essi. Questa è la politica, che deve mutare le mosse tattico-strategiche quando cambiano le situazioni. Al momento, il mondo “imperiale” è andato a farsi benedire; esiste quello multipolare, in cui il polo Usa è tuttora in vantaggio. Non perdere l’uovo oggi sognando la gallina per domani. Questa la politica “nuova” (democratica, generosa, e chi ha più stupidaggini da dire, ne aggiunga altre) di “San Obama”. Santo proprio come Kennedy, passato alla storia come uno della “Trinità” (lui, Krusciov, Giovanni XXIII), mentre tentò, da perfetto reazionario qual era in realtà, l’invasione di Cuba, diede inizio all’“avventura” in Vietnam, ecc.

Anche noi dobbiamo attrezzarci a ragionare come i centri di decisione strategica, pur se non abbiamo tutti i dati in loro possesso. In ogni caso, non siamo dirigenti politici, soprattutto non dirigenti di Stato; quindi concediamoci almeno di dire la verità senza infingimenti diplomatici.   

 

PS Da una settimana sono affetto dall’australiana (o similare) e non riesco a liberarmene; quindi gioco un po’ al risparmio, e me ne scuso.