UNA VICENDA CHIARIFICATRICE!

La questione Fincantieri è quanto mai paradigmatica. Qui si scontrano le due ideologie – dette di “sinistra” e di “destra” – che, ambedue, stanno annientando il paese, sia pure con modalità e gravità diverse. Sappiamo bene come la “sinistra” dei rinnegati del “comunismo”, dopo la sporca operazioni “mani pulite” per conto della Confindustria, covo dei sicari del predominio statunitense, ha operato la svendita dell’industria “pubblica”; sappiamo come solo abbastanza casualmente si salvarono in parte – grazie anche alla trovata della golden share, resa inutilizzabile dall’assenza del Direttore del Tesoro Draghi quando si svendette la Telecom a Gnutti e Colaninno, i “capitani coraggiosi” dell’allora premier D’Alema – Eni, Finmeccanica ed Enel. Il disastro non fu però il passaggio dal “pubblico” al “privato”, ma la volontà di distruggere strumenti importanti di una politica più autonoma dell’Italia. La malversazione operata dalla nostra classe (pseudo)dirigente, cui si erano venduti i rinnegati del “comunismo”, non fu l’aver acquisito per poco, quasi nulla, pezzi dell’industria pubblica; questo è un ladrocinio, ma in definitiva si assomma a tanti altri ladrocini cui sono abituati i capitalisti di tipo parassitario come i nostri, veri eredi del “tradimento dell’8 settembre”. Il grave è che tale operazione è stata fatta per togliere appunto strumenti ad una politica di indipendenza nazionale.

Oggi, i lavoratori che protestano – giustamente, dal loro punto di vista, nessuno suggerisce di perdere il lavoro in perfetta serenità – contro il dissesto della Fincantieri non hanno la minima consapevolezza di stare dalla parte dei rinnegati e traditori che li hanno portati in tale situazione, accucciandosi davanti agli Usa e al capitalismo “privato” dei parassiti e venduti allo straniero. Come rispondono i “liberisti” di “destra (e di “sinistra”, perché il liberismo è ormai pienamente trasversale)? Ricordando che i lavoratori, con i loro sindacati, si sono opposti alla privatizzazione della Fincantieri, che hanno voluto mantenere lo statalismo, ritenuto il “maleficio” contro cui essi protestano ora inutilmente poiché le “ferree leggi del mercato” non si possono aggirare. Al diavolo sia gli statalisti del tipo dei rinnegati sia i privatizzatori che si trincerano ancora dietro la vetusta “manina invisibile”. Non riesco più a credere alla loro buona fede; e se anche lo fossero, li mando egualmente al diavolo perché ormai la misura è colma, quando vediamo un “premio Nobel per la pace” promuovere continue guerre veterocoloniali, che schiacceranno fra l’altro ogni residua autonomia italiana ed europea; nel mentre, va senza dubbio ricordato, presunti antagonisti degli Usa (che dovrebbero esserlo non per spirito di giustizia, ma per semplice sopravvivenza) sono attanagliati da conflitti interni (con quinte colonne assai pericolose), che paralizzano ogni possibilità di opporsi al dilagare della più infame aggressività statunitense di tutti i tempi.

Non è né il rimanere statale né il diventare privato il male di certa industria, che sarebbe strategica se utilizzata per le capacità produttive e l’esperienza tecnico-scientifica in suo possesso. E’ che lo Stato italiano è ormai divenuto campo di lotta di bande al servizio degli stranieri: in testa gli Usa, con al seguito i loro valletti preferiti del momento, cioè Francia e Inghilterra. Piaccia o non piaccia agli imbecilli che oggi roteano gli occhi pregustando la sconfitta di Berlusconi a Milano e la sua giubilazione – sto parlando dei votanti, della “base”, non dei dirigenti che non sono imbecilli, bensì componenti le bande in lotta per il vantaggio dello straniero – le imprese rimaste sostanzialmente in mano pubblica (tramite la suddetta golden share), lo restarono perché una parte del loro management si trincerò dietro Berlusconi e i “suoi” interessi. Da qualche anno ormai protesto contro la debolezza di questo “nascondimento”, prevedendo la sua miseranda fine. Ed infatti ciò è avvenuto.

Ancora una volta, però, si è invertita la causa con l’effetto. Berlusconi è stato montato da alcuni esattamente perché altri (la “sinistra”) lo avevano eletto a Mostro, sapendo che si opponeva – non per sua lungimiranza, ma solo per esigenze di salvezza – ai loro piani di rinnegamento e di svendita totale “per trenta denari” agli Usa e alla nostra industria e finanza fellone e legate ad ambienti statunitensi. Mutata la strategia di Bush (Rumsfeld) in quella di Gates (Obama), il 2010 è stato l’anno della resa dei conti. Documenti Wikileaks, ma soprattutto accerchiamento totale del personaggio, tutt’altro che coraggioso. Sorpresi nel 2008 dal successo elettorale troppo netto del cavaliere, i suoi nemici tentarono innanzitutto l’operazione Fini, che non è andata bene, pur se viene sempre tenuta di riserva, ma ormai come supporto eventuale, non certo quale punta di attacco. Quest’ultima è ora rappresentata da Napolitano (l’uomo che iniziò il suo nuovo iter con il viaggio del 1978 negli Usa), in quanto rappresentante di uno schieramento ancora parzialmente occulto e trasversale. Questa volta, anche per il cedimento di altri “fronti” in campo internazionale (Libia, Turchia, Russia in primis), Berlusconi non ha più opposto alcuna resistenza (solo pigolii per mascherare il suo meschino e miserevole voltafaccia) e si è allineato agli Usa della nuova strategia apertamente aggressiva e paurosamente criminale.

L’uomo non si salverà comunque; al massimo può ottenere un “salvacondotto” se si sbriga ad andarsene (per questo mi nasce perfino il sospetto che abbia cercato la sicura sconfitta a Milano; ma posso sbagliare, perché sarebbe senza dubbio un po’ grossa). A questo punto – come si nota, fra l’altro, dall’intervista di quello 007 passato all’Eni pubblicata sul Giornale – le nostre rimanenti imprese “pubbliche” (Eni e Finmeccanica in primo luogo) sono ormai in défaillance. Troppo si è atteso a sostituire il loro “difensore d’ufficio”, un sostanziale quaquaraqua od ominicchio. Scusatemi, ma desidero ricordare quante volte, in specie negli ultimi due anni, mi sono affannato a ricordare che, se si insisteva su Berlusconi senza tentare altre vie di più sicuro atteggiamento nazionale, il tempo sarebbe scaduto rapidamente. E così è stato. Si agitino pure i lavoratori della Fincantieri. Li capisco per le condizioni di vita non eccelse che difendono; tuttavia, mi fanno anche rabbia perché continuano a non individuare chi li ha condotti in questo cul de sac. E voteranno a sinistra; così accelereranno lo smantellamento delle industrie strategiche (non pubbliche ma strategiche) a favore del dilagare americano in Italia, da padrone assoluto.

Ci manca solo la “ciliegina sulla torta”: dopo aver costretto Geronzi ad andarsene, nominare Della Valle al vertice della Confindustria. Poi possono pure assegnare il premierato a “Monteprezzemolo”; così saremo ancor peggio messi della Libia in mano ai fantocci di Beng
asi, meri complici di Criminali Globali. Tanti auguri ai lavoratori della Fincantieri. Non ho dubbi che gli Usa (e la Confindustria), una volta vinto su tutta la linea, concederanno loro qualche contentino, qualche offa, magari anche per due-tre anni. Poi, adieu les gars! “Tempi duri per i vampiri”(zzati)!! E che vadano al diavolo statalisti e privatizzatori, finto-keynesiani e finto-liberisti. Viva l’Indipendenza Nazionale!