UN’IPOTESI (di Giellegi, 8 sett. 2010)

   Avanzo l’ipotesi, forse azzardata, che l’epoca berlusconiana sia già sostanzialmente finita da almeno un anno, senza che nessuno se ne sia accorto; e indipendentemente dal fatto che quest’uomo resti o meno a capo del governo o, nuovamente, dell’opposizione ad una scomposta ammucchiata di burattini avallata dalla “più alta carica” dello Stato (non certo però quella che ha il reale potere in mano, non certo quella che detta la linea di condotta, forsennata e caotica, alla suddetta ammucchiata). Non essersi accorti che quest’epoca è finita, sempre se la mia ipotesi è azzeccata, è dovuto semplicemente al fatto che in questo paese la politica – svolta da oscuri ambienti truffaldini e reazionari, seguendo interessi propri ma dipendenti dal servizio prestato agli Stati Uniti nella nuova lotta multipolare – è nascosta da polemiche solo personali, da moralismi ipocriti. E, in definitiva, tutto si concentra intorno ad un uomo (Berlusconi appunto): o pro o contro di lui. Questo per il “pubblico” ovviamente, per la “ggente” che vota “democraticamente”; perché chi ordisce continui ribaltoni, tradimenti, tranelli, doppi giochi, ecc. sa bene che quell’uomo è l’“immagine vuota” del potere (un po’ come in Kagemusha, film di Kurosawa, lo era l’immagine del condottiero, ormai morto).
   Qualcuno potrebbe a questo punto pensare che la fine dell’epoca in questione possa situarsi nel giorno in cui il modellino del Duomo milanese fu scagliato in faccia al personaggio in questione. Ancora un’interpretazione puramente personalistica, di tipo psicologico, relativa all’eventuale intimorimento di Berlusconi. Io parto da un altro punto di vista, che mette la politica e gli interessi da essa serviti al primo posto. Il cavaliere è stato il “baluardo” (in pratica l’unico trovato all’epoca in cui egli entrò in politica) dietro cui si trincerarono i gruppi (economici, con nuovi rappresentanti nella sfera politica rabberciati alla bell’e meglio) sopravvissuti a “mani pulite”, con successivo smembramento dell’industria “pubblica”. Berlusconi è la soggettivazione, la personificazione, della resistenza (non c’entra nulla la Resistenza, spero si sia capito) di tali gruppi all’assalto della Confindustria di allora (non diversa dall’attuale), in “alleanza” (servitù) con ambienti statunitensi, allora convinti della fine del bipolarismo in direzione di un nuovo totale predominio monocentrico. Gli assalitori erano personaggi alla Ciampi, Amato, Prodi, Draghi, ecc., tutti o quasi collocati “a sinistra” (una sinistra del tutto impropria e che usurpò, grazie agli ex del Pci, questa finta collocazione, come usurpò la qualifica di neoantifascisti che si opponevano all’inesistente fascismo berlusconiano).
   Da allora, l’Italia ha vissuto una continua e devastante “guerra per bande” (un importante uomo d’affari, etichettato “a sinistra”, ha detto: “come nella Chicago anni ‘20”). Per mettere termine a quest’ultima – alimentata dalla Confindustria (ai cui vertici ci sono gli uomini del metalmeccanico, dei settori della passata fase dell’industrializzazione, reazionari e interessati al predomino statunitense) e dalla finanza emersa dalla svendita ai privati delle grandi banche dell’IRI – sarebbe necessario non certo il vecchio fascismo, fenomeno tramontato come l’antifascismo, come il comunismo, ecc., ma certamente un gruppo politico assai duro e autoritario, che dovrebbe controllare gli apparati di Stato, in particolare i “corpi speciali in armi”, o altrimenti crearsi delle “milizie” proprie e determinatissime a mettere fine alle “bande” che “scorazzano” per l’Italia.
   Berlusconi non aveva dietro di sé forze economiche e politiche siffatte. Con quello che aveva, ha concluso importanti affari all’estero per i gruppi dei resistenti di cui sopra (in gran parte asserragliati in Eni, Finmeccanica, Enel, e pochi altri); dietro a questi vi sono stati anche insiemi abbastanza numerosi di piccola e media imprenditorialità. Il tutto però sempre in modo improvvisato e senza capacità di costruire un vero blocco sociale che richiede ben altro. Non solo; ma tali mosse, pur importanti, non sono mai state pubblicizzate, anzi quasi sempre nascoste nel tentativo, del resto vano, di non irritare gli Usa e le nostre “serve” Confindustria e grandi banche, cui si è consegnata oggi anche la guida dell’ABI, affidata ad uno (Monte dei Paschi di Siena) qualificato “a sinistra”, quella sinistra falsa, camuffata da “antifascista”, di cui già detto. Siamo in una situazione, quindi, in cui si è sentito Scaroni (Eni) a Rimini (meeting di CL) fare un discorso alla Marchionne (cui del resto si è collegata anche la Confindustria); quei “resistenti”, in definitiva, concludono affari all’estero, ma sempre più cercando di non scontrarsi con americani e industrial-finanziari italiani ad essi asserviti.
   Per di più, essi non sanno creare alcuna reale alleanza con raggruppamenti sociali importanti; importanti non per motivazioni puramente economiche, non per la grossa balla della competitività nel “mercato globale” – quando invece occorre il pugno chiuso di uno Stato nazionale forte per competere! – quanto invece dal punto di vista della creazione di un blocco di interessi che sia insieme un vasto insieme di segmenti e strati della società italiana uniti da una politica tesa all’autonomia del paese. Non certo per “ideali astratti” – come quelli dei veri, molto più spesso ipocriti, europeisti – bensì per la concreta esistenza di una società meno sbriciolata di adesso, meno attraversata da questa devastante guerra per bande, l’unica che possa veramente, fra le altre negatività, mettere in discussione l’unità del paese.
   Giunto ad un punto morto, attaccato da tutte le parti, impedito a rappresentare robustamente i deboli e incerti gruppi imprenditoriali della “resistenza”, Berlusconi si recò improvvisamente in Russia. Mi sembra fosse nel luglio 2009; comunque si trattò di quell’incontro con Putin, nel quale i due si misero pure in videoconferenza con Erdogan (Turchia). Pensai subito – lo scrissero comunque anche alcuni giornali, pochi (forse solo La Stampa) – che si fosse colà recato in cerca di aiuto, dato che non controlla minimamente i “servizi” italiani, nel mentre ha per nemica acerrima la magistratura. Credo che ci sia stato comunque un nulla di fatto. La Russia non è in grado adesso di sbilanciarsi troppo. Due-tre giorni fa Putin ha dichiarato che segue con interesse (e quindi sicuramente con preoccupazione) le attuali convulsioni in Italia; ha però tenuto a parlare di “amico Silvio”, di “amico Prodi”, di interesse della Russia a mettere in cantiere con l’Italia ulteriori iniziative, senza sbilanciarsi sul tipo di Governo con cui preferisce trattare. Se non è stupido (e Putin, cioè il gruppo dirigente russo, non lo è), sa bene che non tutti i governi saranno egualmente interessati a dare appoggio ai gruppi imprenditoriali “resistenti” (preciso: resistenti molto deboli
e incerti) e non invece a Confindustria e grandi banche “alleate-serve” (per loro interessi) degli Stati Uniti.
   Per concludere (provvisoriamente), in quel giorno, in cui Berlusconi ha probabilmente non ottenuto l’appoggio russo per supplire alla sua mancanza di controllo dei “corpi speciali” italiani, è iniziata la fine della sua “epoca”, perché si è indebolita definitivamente la sua funzione, che già aveva dimostrato carenze fin dalla nascita nel 1993-94; ma a causa di concomitanti carenze dei gruppi “resistenti” (il passaggio dell’Eni da Mincato a Scaroni, le perplessità che certe dichiarazioni di quest’ultimo continuano a sollevare ogni volta che parla, alcune incertezze relative alla Finmeccanica, ecc. sono la spia di tale precaria situazione). Questa l’ipotesi, che si vedrà quale grado di attendibilità abbia nei prossimi mesi (non credo anni). Anche sulle sue conseguenze, se fosse esatta, si potrebbero formulare ipotesi. Adesso, però mi limito a quanto sopra sostenuto. Seguiamo sempre gli avvenimenti con attenzione.  
 
PS primo 8 sett (sera)
   Le dichiarazioni di Berlusconi nelle ultime ore circa l’inutilità delle elezioni credo diano una prima dimostrazione di quanto ipotizzato nel testo. L’uomo non ha più nemmeno un minimo di energia e non sa che pesci pigliare; è rassegnato a farsi logorare, malgrado abbia ogni tanto un sussulto di rabbia. Evidentemente, o c’è un indebolimento dei settori che si trinceravano dietro di lui; oppure questi hanno deciso di “cambiare casacca” in qualche misura (il discorso di Scaroni a Rimini, abbastanza simile a quello di Marchionne, e non solo a questo, potrebbe avere un simile significato). In ogni modo, il cavaliere sembra “bollito”; sta dimostrando di muoversi in pieno “teatrino della politica”; a questo gioco da politicanti, però, altri giocano meglio di lui perché rappresentano “poteri forti”, che lo sono per i loro rapporti con gli Usa e una lunga consuetudine legata alle vecchie stagioni dell’industrializzazione.
   La debolezza del premier, i suoi sbandamenti continui, sono abbastanza pericolosi per la disunione d’Italia, poiché adesso la Lega sembra l’unica al di fuori del gioco politico fatto di tranelli, stupidi “passaggi del cerino”, rinvii di ogni decisione. E tutto con la solita solfa, che credo abbia ormai stancato pure i votanti del centro-destra, della responsabilità verso il paese, del dover fare le “riforme” (predicate dal secolo scorso) e altre “strocchiolerie” varie di una insulsaggine e inconsistenza totali. In un paese, in cui si è abituata la “ggente” a pensare che la politica dipende solo dagli umori e dall’intelligenza di singoli individui, Berlusconi fa la stessa figura di un Bersani; anche per lui si avvicina l’uso del “pedalò”. E dovrà pedalare forte per allontanarsi “da riva”, dove la “ggente” sta già cominciando a fischiarlo e ad averne abbastanza del nuovo “italo Amleto”.
   Sempre più evidente appare l’assenza di una forza dotata di autorità e di autoritarismo. Un cupo avvenire di disfacimento si prepara, assieme alla nostra totale dipendenza dagli Usa. Non credo molto al “tanto peggio tanto meglio”; non comunque in tutte le occasioni, non soprattutto in questa. Tuttavia, bisogna dire quello che si vede: un teatrino indecente, in cui un povero pupazzo non sa più che c….. fare. A questo punto, è del tutto probabile venga cacciato perché non serve nemmeno un po’, anzi ritarda la resa dei conti. Avverrà male, con il nord sempre più inviperito, ma questo dipende dall’incapacità dei settori – indicati come “resistenti” all’assalto del capitale “privato” al seguito della “manina d’oltreoceano” e con la magistratura quale braccio esecutivo – di promuovere una “resistenza” capace poi di muoversi di nuovo all’offensiva. Hanno scelto Berlusconi perché nulla di meglio c’era all’orizzonte. Per sedici anni non hanno però fatto più nulla per quanto riguarda la sfera politica. Adesso pagano l’inazione o l’incapacità o la timidezza nei confronti di una necessaria azione forte, fortissima; e tutta Italia pagherà con loro. Evviva, Evviva!      
 
   PS secondo, (9 sett. sera) [dal Giornale online]. <<Una pattuglia di responsabilità nazionale. Secondo fonti vicine alla maggioranza, la pattuglia di responsabilità nazionale potrebbe anche costituirsi dal punto di vista parlamentare in un vero e proprio gruppo. Siamo ancora nel campo delle ipotesi, raggiungere quota venti parlamentari è impresa ardua, per alcuni dirigenti si tratta solo di un modo per prendere tempo in attesa che i finiani strappino. Ma sui numeri intanto si ragiona, e i numeri sono questi: l'Mpa (5 deputati), i Repubblicani (3), le minoranze linguistiche (3, eletti però con il centrosinistra), Noi Sud (5), qualche finiano e qualche Udc insoddisfatto potrebbero convergere in un gruppo parlamentare autonomo ispirato proprio al motto della “responsabilità nazionale”. Magari con l’aggiunta di qualche deputato del Pdl per raggiungere la quota necessaria a costituire un gruppo parlamentare>>.
 
   Questi sono quelli che criticavano i “giochi di Palazzo”, il “teatrino della politica” tipico della prima Repubblica; sostenevano, con grande strepito, che doveva essere il popolo a decidere chi deve governare. La sinistra e i loro nuovi alleati finiani, con “alto appoggio”, tentano di fare “l’ammucchiata” per un Governo detto istituzionale, in realtà per non fare elezioni e cambiare anzi la legge elettorale in senso a loro più favorevole o meno sfavorevole. Dall’altra parte, si risponde con il tentativo di “contro-corrompere” qualche finiano e “cane sciolto”, ecc. perché si ha paura delle elezioni al Senato a causa dell’incertezza in quattro regioni meridionali (fra cui la Sicilia che, a detta della sinistra, è in mano alla mafia e quindi, per definizione, a Berlusconi).
   Uno spettacolo di un’indecenza unica; e che però mi riempie di soddisfazione, perché dimostra quanto sia meravigliosa la “democrazia” (colorata o meno che sia); quanto l’intero ceto politico sprofondi ormai nella m….. Senza nessun timore di fare qualunquismo, va detto che sono tutti una gran massa di “figli di p….”, gentaglia che merita una sorte da non dire nel blog (anche perché, per quanto sforzi la mia fantasia, non riesco ad immaginare che cosa bisognerebbe riservare a questi sciacalli e iene).