Von Hayek e le strutture dell'ordine esteso di M. Tozzato

L’ultimo importante libro di Friedrich A. Hayek (1899 – 1992), pubblicato nel 1988, si intitola The Fatal Conceit: the Errors of Socialism (pubblicato in Italia con il titolo La presunzione fatale). Il libro riassume la concezione storico-sociale e le critiche al socialismo sviluppate da Hayek stesso e in precedenza dagli altri esponenti della Scuola Austriaca e in particolare da Mises e Popper. Si tratta di un testo, nel suo insieme, degno di grande attenzione; in questa occasione, però, mi soffermerò solo su un paio di passi che mi sembrano particolarmente stimolanti per una riflessione. A partire da una considerazione introduttiva sul rapporto tra istinto e ragione Hayek scrive:
<<la totale obbedienza al comandamento di trattare tutti gli uomini come il proprio prossimo avrebbe proibito l’emergere di un ordine esteso. Difatti, quanti attualmente vivono entro l’ordine esteso hanno un guadagno dal non trattarsi l’un l’altro come prossimo, e dall’applicare, nelle loro interazioni, le regole dell’ordine esteso – come quelle della proprietà individuale e del contratto – invece che le regole della solidarietà e dell’altruismo. […] Analogamente, l’aggressività istintuale verso gli estranei deve essere frenata se si vuole che identiche regole astratte siano da applicare alle relazioni tra tutti gli uomini, e che pertanto siano valide anche oltre i confini tra gli stati. Ecco, allora, che la formazione di modelli o sistemi di cooperazione superindividuale ha richiesto che gli individui cambiassero i loro atteggiamenti “naturali” o “istintuali” verso gli altri; una cosa che ha provocato notevole resistenza. Che tali lotte contro gli istinti innati, “vizi privati” come gli ha chiamati Bernard Mandeville, possano diventare “pubblici benefici”, e che gli uomini abbiano dovuto frenare alcuni istinti “buoni” per sviluppare l’ordine esteso, sono fatti che diventarono in seguito fonte di dissensi.>>
Hayek riteneva che la nostra “civiltà” [sarebbe meglio dire “insieme di civiltà con strutture comuni integrate in un sistema planetario”N.d.r.] riguardo alla sua origine e possibilità di conservazione dipendesse in maniera decisiva da quello che egli chiama ordine esteso della cooperazione umana o ordine esteso di mercato,
<<un ordine più comunemente e forse non correttamente conosciuto come capitalismo. […] Esso è sorto dal conformarsi intenzionalmente a certe pratiche tradizionali e in larga misura morali, molte delle quali gli uomini tendono a detestare, il cui significato spesso non riescono a comprendere, la cui validità non possono provare e che tuttavia si sono diffuse abbastanza rapidamente tramite una selezione evolutiva – l’aumento relativo della popolazione e della ricchezza – di quei gruppi a cui è capitato di seguirle.>>
Secondo il pensatore austriaco l’altruismo e la solidarietà sarebbero istinti primordiali umani sorti nel periodo in cui gli individui vivevano raggruppati in “bande” o piccole tribù; questi istinti caratterizzavano i rapporti tra i membri di queste comunità poco numerose mentre verso gli esseri umani appartenenti ad altri gruppi sarebbe prevalsa una forte ostilità. Progressivamente – con l’affermarsi di un processo di evoluzione socioculturale indirizzato verso l’ordine esteso – le comunità solidali si sarebbero ridotte all’ambito familiare prima “allargato” e poi sempre più ristretto. Per Hayek, quindi,  non vale l’assunto dell’individualismo metodologico in senso stretto portato avanti dalla scuola neoclassica; l’individuo isolato, la famiglia composta da una sola persona, rappresenterebbe solo un caso limite in termini logici perché l’istinto della piccola comunità permarrebbe comunque magari in rapporti amicali ristretti e in altre relazioni di vario tipo. Insomma il “nucleo” più piccolo da cui sarebbe composto un insieme sociale sarebbe sempre una struttura di relazioni sociali, fonte di aggregazioni tra più individui e originata sia da interazioni oggettive che da pratiche soggettive. In termini più generali, sulla scia di Mandeville e Smith, Hayek ritiene determinante la capacità di stabilire rapporti tra gli individui fondati sul rispetto razionale delle regole (e naturalmente sull’abile aggiramento di queste regole stesse), sull’interesse egoistico e in generale sulla mancanza di un significativo coinvolgimento affettivo (nei confronti del “prossimo”) nell’agire razionale orientato verso gli scopi da raggiungere. Nella concezione di Hayek, infine, è decisivo il conflitto, o meglio la cooperazione per il conflitto, visto che la “lotta” prevalentemente non si svolge tra individui ma tra gruppi. Il paradigma del conflitto strategico tra gruppi dominanti per la supremazia di cui parla La Grassa (e a cui fanno riferimento i collaboratori del blog) potrebbe trovare, forse,  spunti interessanti nella concezione della selezione evolutiva dei rapporti e delle forme sociali proposta da Hayek. A conferma di quanto brevemente illustrato riporto, per concludere,  ancora una citazione dal libro del teorico austriaco:
<<le strutture dell’ordine esteso sono fatte non solo da individui, ma anche da molti sottordini, spesso sovrapposti, entro cui le vecchie risposte istintive, come la solidarietà e l’altruismo, continuano a mantenere una certa importanza, alimentando la collaborazione volontaria, anche se sono incapaci, da sole, di creare le basi di un ordine più esteso. […] Se dovessimo applicare le regole immodificate e non represse del microcosmo (cioè della piccola banda o del gruppo, o, per dire, delle nostre famiglie) al macrocosmo (la nostra più ampia civiltà), come i nostri istinti e desideri emotivi spesso ci spingono a voler fare, noi lo distruggeremmo. Parimenti, se volessimo applicare le regole dell’ordine esteso ai nostri raggruppamenti più intimi, noi li frantumeremmo.>>
Mauro Tozzato    18.07.2010